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mercoledì 30 dicembre 2009

Libri d'inverno


I giorni della rotonda con i ragazzi di Lotta Continua e il naufragio del peschereccio Rodi, Il peso della farfalla con il re dei camosci "vento vestito di zampe e di corna", Il tempo invecchia in fretta con "i cavalli che giravano in cerchio". Perfetti per la stagione.

giovedì 24 dicembre 2009

Elogio casuale del digitale terrestre


Lo so, prima dovete dannarvi a capire come funziona, a cancellare i canali che non servono, a risintonizzare ogni volta ogni tanto, ma poi può capitare, come oggi, di fare zapping e trovare una puntata di un programma come "Oceano Canada" firmato da Ennio Flaiano e Andrea Andermann sulla corsa all'oro di fine ottocento, documentario semplicemente fantastico. Le carrellate sulle rovine dei villaggi dei cercatori con la voce di Flaiano che dice "le lasciano li a disfarsi, senza fretta". L'ultima lapide del cimitero era datata 1928 perchè "nessuno dopo quella data decise di restare fino a morire". Era su rai storia e l'ho trovato fuggendo da un tg.

mercoledì 16 dicembre 2009

Il clima e i suoi mandanti


Le quarantotto ore trascorse dopo lo sciagurato gesto contro il capo del governo sembrano essere passate invano. Lo spaesamento che aveva fermato l’Italia a vedere quel volto sanguinante, per la prima volta interrogarsi, lui e noi, su una soglia che mai e mai andava oltrepassata, quell’attimo di coscienza muto, si è subito perso nel diluvio di parole sparate a vista dai professionisti delle dichiarazioni. Sono ormai allenati a tutto e al contrario di tutto, sono d’accordo con Napolitano che invita a misurarle, le parole, ma subito dopo incitano a individuare i mandanti del clima d’odio. Clima, la parola più utilizzata in queste ore e non per raccontare l’emergenza del pianeta che annaspa alla conferenza di Copenaghen ma per addossare, prima l’uno e poi l’altro, le responsabilità di quello che è successo al nemico di turno. Questa del clima, di chi lo provoca e lo genera, è forse la fotografia più deprimente di una classe politica che fa fatica a capire quali siano le linee del campo di gioco e che continua a darsele anche negli spogliatoi. Bastava seguire la discussione in parlamento, con le lodevoli eccezioni naturalmente, per capire che prendersela con i gruppi di internet fan pro o contro lo sciagurato lanciatore di souvenir era solo un modo per non guardarsi allo specchio ed ammettere che il clima è fatto di esempi, e quelli che danno i dichiaratori di professione sono lì, sotto gli occhi di tutti. (pubblicato su DNews)

sabato 5 dicembre 2009

Per capirci


Mettiamola cosi. Lui proiettato in dimensioni gigantesche sul Pirellone a Milano era la prova di quello che a piazza San Giovanni volevano dire.

mercoledì 2 dicembre 2009

Lo zero virgola e la crisi


Piccola proposta a giornali e televisioni, per favore non usate più i numeri per parlare della crisi. Lo scrivo oggi che un numero chiaro e tondo ci piomba addosso senza bisogno di interpretazioni. I disoccupati in Italia sono, oggi, più di due milioni. Non erano mai stati così tanti dal 2004, cioè da cinque anni a questa parte. E per ora basta così. Fine delle interpretazioni. Perché non c’è niente di più patetico che inseguire l’ottimismo o il suo contrario su un tema così appiccicato alla vita quotidiana di tutti noi, e farlo attraverso le variazioni percentuali dello zero virgola in su o in giù di fatturati e ordinativi, di Pil e inflazione, di indici finanziari e tassi di occupazione. Quest’Italia che stabilisce che siamo alla fine del tunnel solo perché una statistica la conforta dovrebbe uscire dai salotti tv e dalle interviste ai giornali e andare a raccontarlo di persona davanti alla Fiat a Termini Imerese, oppure semplicemente per strada davanti a un supermercato o a un bar. Allora magari ascolterebbe le voci di genitori che non sanno cosa faranno i loro figli, di lavoro che non si trova, di diplomi che non servono. La crisi è una faccenda complicata ma una cosa è certa, non si racconta coi numeri ma con le facce e con le storie. Qui sembra che basti uno zero virgola per gridare vittoria, invece l’autunno è lungo e l’inverno deve ancora cominciare. Almeno quello delle persone normali. (pubblicato su DNews)

mercoledì 18 novembre 2009

Parole, bambini, secondi.


Con la fame nel mondo si è provato di tutto. I concerti planetari, gli spot commossi delle star del pallone e del cinema, le sottoscrizioni via televisione, le sfilate di capi di stato. Niente da fare, le cose vanno sempre peggio. Oggi si chiude il vertice della Fao, l’ennesimo costretto a dire che gli affamati aumentano anziché diminuire, ad ammettere che i soldi scuciti dai paesi ricchi sono meno di quelli che servirebbero e anche ad aggiungere che non sono spesi al meglio. Tutti tornano a casa, chi sulle auto blu, chi a piedi perché le strade di Roma attorno al palazzo che ha ospitato l’incontro sono sbarrate per via della sicurezza per gli ospiti importanti. Gli stessi che poi vedi sui telegiornali passeggiare, fare shopping, o i più stravaganti dedicarsi a riunioni serali con ragazze convocate a gettone. E tornando a casa viene da chiedersi perche le organizzano ancora, riunioni così, passerelle costose per scambiarsi parole inutili, che potrebbero scriversi o telefonarsi e chiamarci se e quando qualcosa hanno deciso. Alla Fao rispondono con sincerità che anche loro sono delusi, che di più non si riesce a fare, ma che almeno per tre giorni la vergogna di un mondo che avrebbe cibo per tutti e che invece uccide per fame un bambino ogni sei secondi è diventata un minuto di attenzione. Il tempo di leggere questo colonnino qui, mentre dieci piccoli ci salutano in silenzio. (pubblicato su DNews)

mercoledì 4 novembre 2009

Diana, Stefano e gli altri


Se uno si toglie la vita in carcere qualcosa non funziona, se uno entra vivo e muore misteriosamente tra carcere e ospedale qualcosa non funziona, se un capo delle guardie carcerarie dice “non si massacra qui, ma di sotto” allora probabilmente è così che invece funziona. Le storie di Diana, Stefano e della voce registrata che arriva dal penitenziario di Teramo sono tutte diverse e tutte da chiarire ma certo assieme a tutte le altre che passano direttamente dai trafiletti alle statistiche accendono, almeno per un poco, la luce su uno dei veri problemi della giustizia italiana. Il carcere, dove è possibile ancora che una ragazza, terrorista ma viva, si ammazzi impiccandosi con le lenzuola, anche se da mesi i suoi avvocati avevano avvisato in tutte le lingue del rischio di un suicidio. Il carcere, dove un ragazzo, drogato ma vivo, ci entra per qualche ora poi lo portano in un ospedale, di lui si perdono le tracce e la famiglia se lo ritrova cadavere, con quelle foto del medico legale che dicono che non è morto d’influenza. Il carcere dove solo per caso, perché qualcuno ha registrato le sue parole, si sente un capo dei secondini che dà istruzioni su dove picchiare i detenuti, per evitare che un altro detenuto, “negro” aggiunge la sua voce, possa vedere. Il ministro Alfano apre inchieste e va bene, se anche di questo parlasse la sua riforma della giustizia, andrebbe meglio. (pubblicato su DNews)

domenica 1 novembre 2009

Sballottaggio


Afghanistan. Variazioni impreviste all'esportazione della democrazia.

mercoledì 21 ottobre 2009

Lavavetri, giocolieri e altre distrazioni

Ho fatto un piccolo calcolo prima di cominciare, ho contato il numero delle dichiarazioni che al momento di scrivere si erano già accumulate sull’argomento e così ho capito che sì, l’ordinanza su lavavetri e giocolieri del sindaco di Roma aveva già raggiunto il suo scopo, fare rumore. Così stamattina nei bar non si parla d’altro, c’è chi giura che ai semafori già non si vedono più, che ci voleva proprio questa opera di pulizia, che non se ne poteva più di questi insistenti, fastidiosi che si avvicinavano ai nostri parabrezza con trampoli e spazzoloni, intralciando noi pronti a scattare. E poi hai visto che bravo questo sindaco, per quelli “davvero” poveri niente multa di cento euro ma assistenza e servizi sociali, è così che si fa, si multano i cattivi, si cacciano i clandestini, si salvano i buoni. Insomma l’operazione è perfetta, non stiamo lì a chiedere adesso chi “davvero” pagherà le multe, come si farà a distinguere un lavavetri o un mangiafuoco “davvero” povero da uno che invece è ricco ma fa finta di arrangiarsi ai semafori, dove andranno a finire una volta cacciati dagli incroci, magari quelli del centro, alla periferia ci si pensa dopo. È cosi che deve fare una grande città, deve far sparire, allontanare dagli occhi tutto quello che ci può disturbare mentre restiamo lì, immobili, anche quando il semaforo diventa verde. Dietro quello parcheggiato in seconda fila. (pubblicato su DNews)

venerdì 16 ottobre 2009

Editti


"Prevedo che la metà degli italiani non pagherà il canone della Rai". Detto da lui in televisione equivale ad un annuncio più che a un avvertimento.

mercoledì 14 ottobre 2009

Somiglianze

Qualche giorno fa a Roma al grido di "camerati" bulli italiani picchiano due ragazzi gay, l'altro ieri a Portello di Padova un magrebino picchia due ragazze che si baciano gridando "al mio paese per voi c'è la lapidazione".

sabato 10 ottobre 2009

Gli asinelli di Gaza e gli altri


Sembrano davvero due zebre quelli ridipinti a strisce dallo zoo palestinese per non deludere i bambini in visita. Gli asinelli in Africa sono preziosi, averne uno significa potersi muovere, trasportare le proprie cose, fuggire se necessario. "Sono fedeli fino alla morte. Soffrivano terribilimente trasportando i bambini dal Darfur al Ciad. Non avevano né cibo né acqua a sufficienza ma andavano avanti... alcuni raggiungevano stremati i campi, sentivano i bimbi scivolare giù dalla loro groppa, e cadevano stecchiti all'istante, ma non prima di aver portato a termine il loro amorevole compito" (da "Il traduttore del silenzio", Daoud Hari).

mercoledì 7 ottobre 2009

Dante padano

Aspettando di sapere come finirà la guerra dei due lodi vi segnalo per distrarvi un appuntamento da non perdere. Venerdì sera fate in modo di sintonizzarvi su Telepadania, ve lo chiedo per favore. Ci sarà la prima puntata della lettura di cinque canti della Divina Commedia. Si, quella di Dante Alighieri. Il fatto nuovo, il dettaglio diciamo, è che sarà recitata in lingua regionale lombarda, per la precisione, nella sua accezione cremonese. Non sarà una cosa improvvisata ma il frutto di un ponderoso lavoro di traduzione, spiegano gli organizzatori, realizzato addirittura dieci anni fa da un esperto di tradizioni padane e che ora finalmente potremo goderci in televisione. “Un’operazione culturale” chiosa il direttore della tv. Prendano appunti a viale Mazzini, stiano in guardia Benigni e Albertazzi, all’erta il professor Sermonti, che la cosa è grossa, qui non ci si ferma a declinare in lombardo la cronaca dei nostri prosaici giorni, qui si punta in alto, su, su, fino al sommo poeta. Inutile trastullarsi col federalismo, il folklore e i dialetti regionali, qui altro che Padania libera, qui è partito il grande disegno per conquistare non solo l’indipendenza da Roma ladrona ma per egemonizzare da Cremona la vecchia e stanca Repubblica dei privilegi e dei soprusi, puntando diritto al cuore di quella lingua ormai morta che è l’italiano. Qui davvero venerdì sera ci scappa da ridere. (pubblicato su DNews)

sabato 3 ottobre 2009

Le domande e la piazza


Non so se servirà a qualcosa ma almeno c'erano il sole, la musica e tanti italiani. Bisognerà ricordarselo quando si tornerà in fabbrica. In fondo è facile, bisogna fare le domande, e non fermarsi mai.

mercoledì 23 settembre 2009

Il dolore e i numeri


Adesso che sono tornati davvero a casa, nei loro paesi, adesso, forse, si può fare una domanda. Siamo stati tre giorni dentro la cerimonia, domenica a Campino, lunedì nella basilica, ieri nelle parrocchie dei loro quartieri. Siamo stati inondati dalle lacrime in dettaglio, dai silenzi riempiti cogli applausi, dai campi lunghi delle bare e dei picchetti d’onore. Siamo stati aiutati da due bambini, che ci hanno indicato la strada, rompendo le righe dei funerali di Stato, una via d’uscita tutta italiana alla quale giornali e televisioni si sono aggrappati per dire che non era retorica, che la nostra era commozione vera. E allora eccoci alla domanda, o al grappolo di domande che si tengono l’una all’altra, aggrovigliate al raspo di nessuna certezza. Quanto si espone il dolore? Come funziona la matematica dei morti nei funerali di Stato? Fossero stati quattro, o tre o due i parà morti, che avremmo fatto? E fossero dieci domani, o venti domani l’altro, cosa faremmo ancora? E cosa dovrebbero fare gli americani con i loro 800 morti, e gli inglesi con duecento e olandesi e danesi che con meno soldati di noi hanno avuto il doppio delle perdite? Non in queste righe si discute della guerra giusta o del che fare, qui si domanda di un paese che ogni volta si stupisce di quanto sia brutta e cattiva, la guerra, si addolora in diretta per tre giorni di seguito, e poi, passa ad altro. (pubblicato su DNews)

mercoledì 16 settembre 2009

Lettera alla signora E.


Che posso fare adesso per Lei? Niente e Lei lo ha sempre saputo. Forse posso solo raccontarle come è andata stamattina, nella chiesa di via dei castani, a due passi da casa sua, in via dei ciclamini. Brutta eh! quella chiesa, anche questo lo sapeva. Non poteva sapere invece che il prete adesso è un giovane africano diventato parroco da soli sei giorni. Lui nulla sapeva di lei, solo un foglietto di due righe che gli avevano consegnato prima della Messa. “Disponibile, gentile con tutti, generosa, due figli, un nipote, frequentava la chiesa” cosi c’era scritto e cosi lo ha letto, solo che poi ha cominciato a parlare ed è sembrato che la conoscesse da sempre, che raccontasse la sua storia e, di più, che la mescolasse ai suoi ricordi di bambino, quasi si vedevano polvere e capanne, terra rossa e madri e nonne attorno al fuoco che danno consigli ed esempio soprattutto, e poi si incamminano a cercare acqua, lontana ore e chilometri. Che splendido paese veniva fuori dalle sue parole, e Lei c’era dentro, era quella donna generosa che mai accenna alla fatica, mai cede al pessimismo e tutto affronta e risolve sorretta da una dignità istintiva e profonda. Che onore averle ceduto le chiavi di casa, averle affidato per tutti gli anni che adesso sembrano un soffio, l’onere di farla rassomigliare ad un focolare mentre noi (che poi siamo diventati due) stupidamente pensavamo ad altro, a correre senza direzione.
Da quando ha dovuto lasciare ogni camicia strappata è rimasta lì, ogni macchia difficile, e non ci sono più quegli odori, quei profumi che ci aspettano quando torniamo. Sono piccole cose lo so, ma oggi, dopo il funerale sono tornato a casa e ho provato a fare io, pollo con i peperoni. Ho lasciato il tegame coperto ad aspettarci. Stasera, quando torniamo.

domenica 13 settembre 2009

Cinegiornali


Provate a immaginare quando -in diretta- consegnerà le chiavi del primo appartamento.

mercoledì 9 settembre 2009

Influenze

Adesso riaprono le scuole, sarà tutto normale, dice il ministro, però forse le vacanze di Natale saranno più lunghe. Un preside decide niente abbracci tra gli studenti mentre tutti gli altri aspettano indicazioni. I vaccini saranno pronti in tempo ma non sono ancora pronti. A Napoli non si potrà baciare il sangue di san Gennaro però il vescovo aggiunge state calmi nessun allarmismo. Insomma non sappiamo ancora se e come dovremo affrontare questa influenza, se e per chi sarà più pericolosa. Non c'è niente di peggio che lanciare messaggi contraddittori, lasciare che aleggi nell'aria il sentito dire. Io non ho visto le immagini, non so neppure se qualcuno le ha fatte vedere, del funerale di quel signore di poco più di cinquant'anni che è morto a Napoli qualche giorno fa, per le complicazioni derivanti da un suo precario stato di salute aggravato dall'influenza suina. Però ho letto di sua madre e di altri due parenti che seguivano il feretro, di una bara portata con le mascherine sul volto dagli addetti, e nessun altro a salutarlo. Solo, come un appestato. Poi ho letto invece di una scrittrice famosa, Isabel Allende, che dall'altra parte del pianeta ha detto semplicemente mentre faceva un intervista “scusatemi per la tosse ho l'influenza suina non sto ancora bene” e l'intervista è andata avanti tranquillamente. Certe volte tutto il mondo è paese, certe volte, purtroppo per noi, no. (pubblicato su DNews)

mercoledì 5 agosto 2009

Tempi moderni


L'autore dei biglietti è in viaggio. Non lo sostituisce nessuno.

mercoledì 29 luglio 2009

John e Jett

Conosco John Travolta come tutti voi. Perché ho guardato i suoi film, perché ho visto qualche amico vestirsi e ballare come lui tanti anni fa, perché ho sorriso a rincontrarlo, ironico e straordinario, e fare il verso a sé stesso in altri film, trent’anni dopo. Poi a gennaio di quest’anno quelle fotografie tenere e disperate, mai viste prima, a corredo della tragica fine di suo figlio Jett. I due volti assieme, padre e figlio, sorridente lui, assente ma teneramente abbracciato quel ragazzone rimasto bambino che il suo amore aveva protetto da tutto e da tutti e che infatti noi, lettori e spettatori, non conoscevamo. Muore il figlio adorato e John si dispera, non si rassegna all’idea di aver fatto tutto il possibile ma che non è bastato. Sei mesi sono passati da allora e da qualche giorno sono tornati a parlare di lui. Scrivono “sembra abbia perso il controllo di sé, tanto che è stato notato circolare di notte senza meta e trasandato, intento a riempirsi di cibo”. Lo fotografano col teleobiettivo e si intravede la sua faccia sotto un cappello, “depresso e ingrassato” dicono le didascalie. Approfondiscono poi, forse ha rotto con la sua setta di fede, di sicuro è reduce da fallimenti professionali. Insomma, uno stupido scempio. Per questo voglio augurare a John Travolta, che conosco come tutti voi, un’estate silenziosa e lontana. Abbracciato alle foto del suo Jett. (pubblicato su DNews)

domenica 26 luglio 2009

Guerra e magliette di lana


Ancora titoli cubitali sui soldati italiani nel mirino in Afghanistan. Anche quando -per fortuna- ci sono solo feriti lievi. Che caratteri di stampa dovrebbero usare inglesi e americani?

mercoledì 22 luglio 2009

Oppio, soldati e democrazia

Afghanistan, meno di un mese alle elezioni. Karzai alla prova del fuoco, la coalizione guidata dalla Nato alla prova del fuoco. Un passaggio cruciale per capire la direzione che prenderà il futuro di questo paese. E noi ci siamo in mezzo davvero. Arrivano altri cinquecento soldati, alla fine saranno più di tremila. Quasi tutti dislocati nell'ovest della regione, anche quelli che oggi sono a Kabul li raggiungeranno. E lì i tremila italiani ormai sono in mezzo ad una guerra insidiosa, dove il prezzo di un attentatore suicida viene valutato poco più di mille dollari, ma soprattutto dove gli insorgenti, così li chiamano adesso, sono un miscuglio inestricabile di talebani, mercanti di droga e criminali comuni. "Se ci fossero talebani disposti a trattare" dice il ministro della Difesa La Russa volato a trovare le truppe, "nessuna preclusione ideologica a farlo ma per ora così non è". Resta almeno la consapevolezza comune, da Obama a La Russa, che se si vince in Afghanistan non sarà solo con le armi. Se si vince sarà perchè qualcuno offrirà ai contadini che adesso vivono coltivando oppio comprato dai talebani qualcosa di diverso con cui provare ad immaginare un altro futuro. Parole come ricostruzione e sviluppo peseranno sempre più. Nel frattempo prepariamoci ad un'altra estate rischiosa, perchè l'estate è la stagione perfetta per chi vuol fare la guerra. (pubblicato su DNews)

mercoledì 15 luglio 2009

Seconda vita

”Ad agosto prenderò casa all'Aquila” la frase arriva in mezzo alle considerazioni sulla fame nel mondo e a quelle sul clima che cambia. Torniamo per poche righe all'atto finale del G8 nella caserma di Coppito, a quel Berlusconi soddisfatto e contenuto che tratteggia i risultati del vertice. Ognuno lo giudicherà come crede ma chissà per lui forse è scattata una nuova sfida, quella di immaginare una seconda vita, una vita alternativa, o almeno una estate alternativa. Avrà pensato che al terremoto dell'Aquila deve molto di più di un dovere morale ma forse anche un colpo di destino. Avrà pensato che se i programmi fossero restati quelli che erano si sarebbe ritrovato con i grandi della terra tra i panfili e le spiagge bianche della Sardegna a due passi da quella villa Certosa che comunque la si pensi evoca ormai pensieri almeno problematici. Invece era all'Aquila a portare Obama a emozionarsi tra le macerie. Avrà pensato che adesso è meglio passare le vacanze a correre contro il tempo e a costruire case prima dell'inverno. Avrà pensato che forse la donna da frequentare più spesso è la signora presidente della Provincia dell'Aquila testarda rappresentante di quella gente abruzzese sobria e dignitosa nel dolore e nella rabbia. Avrà pensato che anche se negherà sempre tutto, il destino una seconda opportunità gliela sta dando. Avrà pensato questo, almeno speriamo, che avrà pensato questo. (pubblicato su DNews)

sabato 11 luglio 2009

Truman show, titoli di coda (lunghi)


Ora ci sono le visite guidate. Puoi entrare nella camera da letto di Obama, sederti nella poltrona che ha occupato Sarkozy, salire sul podio dove ha parlato Berlusconi. I grandi studi della mega produzione, vuoti ma non ancora smontati, sono aperti al pubblico. Non si butta niente del Truman show. Tremila giornalisti sono stati per tre giorni a guardare e scrivere in un villaggio ben illuminato in cui sembrava ci fossero i grandi della terra. Li vedevi passare ogni minuto sui grandi schermi, a piedi camminare, sfrecciare sulle automobiline, sorridere alle foto, ma praticamente nessuno li ha potuti fisicamente anche solo a scorgere da lontano, se non negli appuntamenti rigidamente fissati dal protocollo dei rapporti con i media. E' sempre stato cosi risponderanno i veterani dei vertici. Sì ma una novità c'era e stava appunto nel fatto che sembrava che i grandi fossero sempre li, in mezzo a noi. Eravamo invece spettatori e comparse di un grande show ripreso da decine di telecamere, una regia imponente che trasformava tutto in un una grande finta vicinanza. Anche le uscite all'esterno, lungo il percorso delle macerie, in realtà erano rigidamente programmate e non dai cordoni della polizia ma dalla disposizione dei dolly e delle camere fisse. Così piazza Duomo e il palazzo crollato della Prefettura erano il set esterno dell'emozione, in dettaglio e panoramiche, carrellate e primi piani. Totalmente inutili le troupe portate dai telegiornali, non potevano muoversi, dovevano restare nel villaggio, le immagini le prendevi a piene mani dal grande film che in diretta ti scorreva sui monitor. Patinate, bellissime, gratuite. Non solo. L'accoglienza per i giornalisti era totale, seduttiva, rilassante. Due bar sempre disponibili, ombrelloni e poltrone in vimini, prato verde (che lentamente ingialliva però, perchè c'è sempre un buco nella rete) ristorante iperfornito, tutto il necessario per rendere naturale la scelta di stare lì dentro, dalla mattina alla sera tardi, quando i tremila risalivano sui pulmini che li avrebbero portati a sparpagliarsi negli alberghi distanti chilometri da L'Aquila. Già, L'Aquila, proprio la città ragione dello spostamento del vertice quasi nessuno dei tremila l'ha vista dal vero. Perchè faticare per andar fuori, sul monitor passavano le scene in sedicinoni, le lagrime e le emozioni di star e macerie, le strette di mano ai poveri (e benedetti) vigili del fuoco schierati per tre giorni a favore di camera. Insomma l'ho fatta lunga ma la sensazione di una nuova inquetante efficienza nella gestione dei rapporti con i media resta. Anche quando dopo due giorni praticamente senza confronti con la stampa, la telecamera inquadra, nella conferenza finale, la fila dei giornalisti che si rinserrano dietro al microfono aspettando, se ci sarà, il loro turno. E' vero, non ci sono state grandi domande, forse il Truman show aveva prodotto il suo primo effetto.

venerdì 10 luglio 2009

L'applauso


Era andato tutto bene. I giornalisti chiusi nel villaggio a guardare i grandi dai televisori, Berlusconi sobrio padrone di casa, regia ferrea che trasforma piazza Duomo in un set con tanto di dolly dove, una dopo l'altra le star piu o meno consapevoli, Obama, Clooney e stamattina Carlà, riempiono la scena. Peccato per quell'applauso sfuggito alla fine della conferenza stampa quando Berlusconi ha tagliato corto con Repubblica. Non hanno saputo resistere. Ma si sa, le fiction si perdono nei dettagli di edizione.

mercoledì 8 luglio 2009

L'azzardo


Un vecchio detto del mestiere dice “le fatiche del cronista non fanno notizia”. In altre parole non interessa come sei arrivato sul posto, se hai dovuto scarpinare o fare cento telefonate, se hai viaggiato la notte o cambiato dieci voli, la notizia non sei tu, raccontaci quello che vedi. Succede però che qualche volta il posto dove vai, il modo in ci arrivi si mescolano alla notizia stessa, a volte sono la storia stessa da raccontare. È il caso di oggi, dei potenti della terra che si vedono all’Aquila. Lasciamo perdere di cosa discuteranno, le regole della nuova finanza non si stabiliranno certo a Coppito, anche sul clima e lotta alla povertà i passi avanti saranno forse solo centimetri, la storia sta invece nell’idea di vederli riuniti, forse per la prima e ultima volta praticamente affacciati, sulla realtà. Certo in questi tre giorni può accadere di tutto, dal prevedibile caos organizzativo, alle domande scomode e agli imbarazzi ma se invece non accadesse nulla, se il vertice fosse il solito onesto fallimento l’azzardo visionario di aver portato i grandi della terra a discutere in una caserma accanto ad una storica città italiana distrutta dal terremoto segna comunque un punto a favore di chi ha deciso l’impresa. Se poi ci scappa anche l’inquadratura di un’emozione del presidente americano davanti alle macerie da esibire in mondovisione, allora il successo sarà assicurato. Per i problemi ci sarà occasione. (pubblicato su DNews)

mercoledì 1 luglio 2009

Vecchio copione nuovo finale (si spera)

Il primo effetto provocato dalle notizie che arrivano dall’Honduras è stato quello di un improvviso ritorno al passato. I militari circondano la casa del presidente, lo catturano e in pigiama lo costringono ad imbarcarsi sul primo aereo e lasciare il paese. Sembra una storia tirata fuori dal cassetto della memoria, fortunatamente finora senza troppo sangue ma violenta lo stesso, una di quelle che negli anni settanta avevano accompagnato la vita e la politica del continente centro e sud americano. Salvador, Guatemala, Nicaragua, solo per restare ai paesi confinanti in quegli anni vivevano schiacciati da dittature per non parlare di Cile e Argentina, i golpe più tragicamente famosi. In quegli anni alle dittature spesso si contrapponevano movimenti di guerriglia ma una cosa era abbastanza evidente. Gli Stati Uniti, più o meno apertamente, sostenevano i regimi militari, garanzia armata contro la minaccia di possibili sbocchi rivoluzionari. Ora vorremmo dire che una cosa non da poco è cambiata se il presidente esiliato dai militari prima riceve la solidarietà da tutti gli altri suoi colleghi sudamericani eletti democraticamente, poi va a Washington, e da lì annuncia che intende rientrare al più presto nel suo paese, forse già domani. Non sappiamo come finirà la storia dell’Honduras. Sappiamo però che nelle due Americhe, dal nord al sud, il passato sembra passato davvero. (pubblicato su DNews)

martedì 30 giugno 2009

sabato 27 giugno 2009

Dopo Trieste, prima dell'Aquila.

Prima o poi verrà in mente a qualcuno di mettere in fila i costi di tutti i G8 del mondo e quelli di tutti i risultati che per il mondo hanno ottenuto. E di fare la somma.

mercoledì 24 giugno 2009

Cattivi pensieri


Ho pensato delle cose brutte quando ho visto e rivisto il video del musicista Petru che vacilla davanti ai tornelli della metro di Napoli, poi si accascia a terra e muore lì, davanti alla giovane moglie che si dispera mentre altri, molti altri cercano solo di allontanarsi il più in fretta possibile. Mi hanno risposto in tanti che sbagliavo, devi tenere conto della paura, del fatto che la camorra aveva sparato all’impazzata. Qualche giorno dopo è arrivato un altro video con una scena simile, l’abbiamo visto tutti, il volto di Neda, la ragazza iraniana colpita al cuore e che muore guardando il cielo. Attorno a lei il padre, un dottore che cerca disperatamente di salvarla, e tanti altri. Anche in quel caso c’era qualcuno che sparava tra la folla ma nessuno ha lasciato sola Neda. Lo so, è un paragone che non regge, in Iran questi sono i giorni delle scelte senza ritorno, cortei che paghi con anni di prigione se ti va bene, Napoli invece è una splendida città italiana che convive come può con i giorni normali di questo paese, e non so se questo valga come attenuante. Fatto sta che l’altra notte sempre a Napoli, ma poteva essere dovunque in Italia, solo una ragazza ha tenuto testa ad un gruppo di balordi che insultavano dei ragazzi davanti ad un circolo gay e per questo è stata picchiata selvaggiamente dai bulli nostrani. Gli altri, tutti gli altri, hanno fatto finta di niente. E i brutti pensieri sono tornati. (pubblicato su DNews)

mercoledì 17 giugno 2009

C'è solo la strada


Non sappiamo se tutto finirà in una gigantesca repressione con bagno di sangue o se ci sarà una nuova conta dei voti più o meno formale per dare una parvenza di legittimità al potere di Ahmadinejad, quello che sappiamo ora con certezza è che l'Iran, o meglio quella parte del paese che speravamo con forza esistesse, non solo c'è ma ci sta dando una grande prova di coraggio. Avevamo tutti visto con stupore e simpatia i ragazzi e le ragazze sorridenti sventolare i fazzoletti verdi a sostegno del candidato riformista Moussavi, quelle ultime notti di campana elettorale dove improvvisa e magica la speranza di una svolta possibile sembrava a un passo. Poi il gelo dei risultati ufficiali e l’esplosione della rabbia per le strade. Per primi loro quei ragazzi, studenti soprattutto, che sapendo quanto rischiavano hanno deciso che la protesta non doveva fermarsi. Poi dietro di loro quel fiume umano che si ingrossava minuto dopo minuto, strada dopo strada, da piazza della rivoluzione a piazza libertà, quei cartelli cosi chiari a tutto il mondo “where is my vote” dove è finito il mio voto che hanno aperto un crepa nelle certezze del regime. Ieri tra le tante notizie confuse e contraddittorie quella di professori delle università di Teheran che si dimettono in massa per solidarietà con quegli studenti coraggiosi. Comunque vada a finire, la storia, quella vera, sta passando da quelle parti. (pubbicato su DNews)

domenica 14 giugno 2009

Il cuore e la testa

Abbiamo tutti tifato per i ragazzi e le ragazze scesi in strada a Teheran ma adesso qualcuno provi a ragionare. Per evitare che lo facciano solo falchi e cornacchie.

mercoledì 10 giugno 2009

Pirati e letterine


Che l’Europa fosse lontana come chilometri e come idea lo sapevamo, che la Svezia fosse uno dei posti più lontani dell’Europa anche questo era piuttosto assodato, che infine gli svedesi abbiano spedito al parlamento europeo il partito dei pirati non fa che certificare ulteriormente la distanza siderale tra noi e loro. Brevi cenni di cronaca. Il partito dei pirati, esplicito e provocatorio, è una giovane formazione politica che vuole riformare radicalmente le leggi sulla trasparenza di internet, liberalizzare lo scambio di video, musica e informazione, modificare il diritto d’autore troppo sbilanciato –dicono- in favore dello sfruttamento economico a scapito dello sviluppo culturale della società. Ora il fatto è che i pirati, partito più popolare a Stoccolma tra gli under 30, hanno raccolto voti a sufficienza per mandare uno di loro a sedere a Strasburgo. In altre parole nella lontana Svezia non solo internet è strumento decisivo di comunicazione ma produce anche riflessi concreti sulla politica. Adesso non fate paragoni, mettiamola cosi, diciamo che da noi lo strumento decisivo di comunicazione è ancora un altro, antico ma dal fascino tuttora intatto. E anche i riflessi concreti sulla politica ci sono pure quelli. Quindi non resta che aspettare. Chissà che si diranno quando si incontreranno nella Babele di Strasburgo i pirati svedesi con le letterine nostrane. (pubblicato su DNews)

martedì 9 giugno 2009

Le domande e i nemici

Un bell'articolo di Rachel Donadio corrispondente a Roma del NYT. Un suo amico giornalista italiano le riferisce del ragionamento di un magistrato (magistrato!) a proposito di un suo pezzo critico su Berlusconi. "Si chiedeva il magistrato, in tutta serietà, se l'articolo poteva essere la prova che il sindaco di NY Bloomberg, invidioso dell'impero mediatico di Berlusconi, stesse usando lei (e il il NYT ndr) per attaccare il primo ministro italiano". Potete immaginare le risate che si è fatta la giornalista.

domenica 7 giugno 2009

Tre date



Ho guardato la lista. Ho scelto tre date, le più recenti. Ho scritto i tre nomi. Buona fortuna.

giovedì 4 giugno 2009

Le parole di Obama


Una preghiera più che un consiglio. Trovate il tempo di ascoltarlo per intero il discorso di Obama o di leggerlo. E magari poi guardatevi lui che cammina tra le Piramidi. Per una volta non perdete tempo con i commentatori.

mercoledì 3 giugno 2009

Miracolo a Palermo


Le avvisaglie ci sono già. Il miracolo dei rifiuti di Palermo che spariscono in una settimana è in corso d’opera. Vola in Sicilia Bertolaso, appare l’esercito ma soprattutto arrivano garanzie per gli addetti alle pulizie, autocompattatori da tutta la Sicilia e ai tg le dichiarazioni più che concilianti, patriottiche dei netturbini ribelli. “Torniamo in strada a lavorare” dicono gli stessi che giusto due giorni fa lanciavano ai medesimi tg parole di fuoco “non possiamo uscire in queste condizioni” urlavano “guardate le ruote lisce e che puzza c’è li dentro” indicando i loro camioncini. Intanto in strada si accumulavano i sacchetti maleodoranti, di notte telegenici falò a drammatizzare, insomma l’emergenza era bella che servita, confezionata al punto tale che anche l’itinerante segretario dei Democratici Franceschini non ha saputo resistere e ha segnalato lo scandalo durante la tappa elettorale di Palermo. Perfetto, avranno pensato a palazzo Chigi. Ed ecco che scatta l’intervento miracoloso, due parole del capo sul “problemuccio” siciliano, parte il sottosegretario tuttofare e, tempo una settimana, la spazzatura sparisce dalle strade. Che settimana direte voi, proprio quella che ci separa dalle urne. Ora inutile fare previsioni sul voto, la storia di Palermo era solo per ricordare a tutti che la partita difficilmente la vince chi diventa parte del gioco senza nemmeno averlo capito. (pubblicato su DNews)

lunedì 1 giugno 2009

A proposito del fondo toccato

Sarà banale e scontato ma è inutile nasconderselo. Il problema non è lui,  siamo noi (italiani). Prima o poi sarà evidente anche ai più testardi.  

mercoledì 27 maggio 2009

Quella scritta nella polvere


Quanto abbiamo scritto del terremoto? Mai abbastanza per tenere il filo del quotidiano slittare delle cose e ricordare che noi potevamo essere lì adesso, in quelle tende. Un mio amico aquilano scrive quello che gli è accaduto qualche sera fa andando a Pescara, la città dove oramai da più di un mese e mezzo migliaia di abruzzesi senza casa alloggiano in alberghi e campeggi sulla costa. Parcheggia la sua automobile nel centro della città, fa le sue cose e poi di sera quando torna a prenderla trova, sul lunotto sporco di polvere, la parola “SFOLLATO” scritta con le dita. Lui racconta questo dettaglio ai suoi amici di internet e si scatenano i commenti, quasi tutti lo rincuorano dicendo ovviamente che i miseri d’animo si trovano a tutte le latitudini, qualcuno però accenna altri dettagli di un clima che lentamente può mutare “eravamo in una pizzeria del centro della città, dice un commento, parlavamo del terremoto e ci guardavano con disprezzo”. Ecco quello che può succedere. Per questo è ora, quando la commozione si è consumata, che bisogna aprire gli occhi e non smettere di raccontare, fare in modo che la dignità composta di chi ha subito un torto dal destino e soprattutto da quelli che, per incuria o peggio, li hanno fatti abitare in case mal costruite, non si trasformi lentamente, come una dose di veleno quotidiana, in umiliazione beffarda. È ora che noi dobbiamo essere lì, come possiamo, in quelle tende. (pubblicato su DNews)

venerdì 22 maggio 2009

Universale si, ma un po' meno


I bombardamenti a Gaza, la repressione in Tibet, i prigionieri di Guantanamo. Forse davano un po' fastidio i giudici che in nome del principio della giurisdizione universale, introdotto in Spagna nel 1985, potevano avviare indagini su qualunque crimine contro l'umanità compiuto in qualunque parte del mondo. Così il parlamento di Madrid ha pensato bene di votare un documento bipartizan che chiede al governo di limitarne l'iniziativa solo ai casi in cui ci siano vittime spagnole o i presunti autori dei crimini si trovino in Spagna.

mercoledì 20 maggio 2009

Migranti e migratori


Chiedo aiuto ai lettori del nord, perché qualcosa mi sfugge. Ora io capisco le elezioni, intuisco la necessità di infiammare gli animi e puntare alla pancia dei votanti, alzare bandiere e urlare nei megafoni. Così mi sono rassegnato a sentirne di tutti i colori, per esempio, su una cosa così complicata come l’immigrazione. Si va dal moderato “padroni a casa nostra” alla fantasiosa guerra dichiarata all’Onu, dallo spiccio “buttiamoli a mare prima che arrivino” fino all’elegante “c’è un’apposita agenzia Onu a Tripoli per chiedere asilo”. Immaginateli quelli che arrivano di nascosto dal Sahara che vanno nell’apposita agenzia magari con lettera di presentazione di quell’affidabile democratico di Gheddafi ormai compagno di tenda praticamente di tutti i nostri ministri. Insomma la triste verità è che i migranti sono diventati preziosi spot elettorali per le europee e fin qui ci siamo. Quello che mi sfugge è la recidiva testarda volontà della Lega di insistere sulla legge per la caccia, quella che dà un fucile in mano ai sedicenni. Perché tutta questa foga, ho pensato, tanto per ora non votano. Poi ho guardato meglio il testo degli emendamenti e ho capito. Autorizzano a sparare su tutto quello che si muove nella boscaglia e in cielo, compresi gli uccelli migratori. Migratori? Ecco quello che mi sfuggiva, meglio preparare l’esercito da subito, la guerra sarà lunga e avremo bisogno di tutti, sedicenni compresi. (pubblicato su DNews)

martedì 19 maggio 2009

Il toro e il brandy

Avete presente quei gigantesti tori neri di cartone che si stagliano lungo le strade di Spagna? Erano i cartelloni pubblicitari di un famoso brandy iberico, l'Osborne. Venti anni fa una legge vietò ogni reclame sulle strade del paese, ma i tori vennero salvati perchè ormai simbolo più che di un prodotto della Spagna stessa. Sparirono le scritte però, e le gigantesche sagome, ridipinte di solo nero, divennero ancora più evocative. Ora succede che qualche giorno fa un giornale annuncia, la Osborne vuole rinunciare al toro come marchio "è un immagine che non rappresenta più la nostra azienda, non facciamo solo liquore ma anche succhi e acque minerali, dunque meglio cambiare". Sconcerto, sorpresa poi arriva la smentita ufficiale dell'azienda "nessuna rinuncia al toro, anzi tutto il contrario" lo vedrete presto presenteremo il nuovo marchio e capirete. Insomma forse è stata solo una trovata pubblicitaria al contrario, il tentativo di legare di nuovo il nome della ditta a quelle sagome fortunate che non hanno piu logo, oppure uno sbandamento modernista repentinamente rientrato. In Spagna una cosa è sicura, il toro non si tocca, almeno quello di cartone.

mercoledì 13 maggio 2009

La linea d'acqua

Prendete un righello e fatela voi una linea sull’azzurro del Mediterraneo, un poco sotto Lampedusa. Se avete la mano ferma sarà facile, avrete realizzato, almeno sull’atlante, l’ultimo modello in tema di frontiere. Ora provate a immaginare la stessa cosa in mare aperto, fatela voi una linea sull’acqua, perchè è importante, sei hai passato quella linea ti posso caricare su, dare da bere e da mangiare, se invece sei ancora al di là della linea d’acqua allora niente, ti riporto indietro, anche se vieni dall’inferno.Così oggi siamo a discutere dell’ultima variante dell’idea di confine, nel cieco tentativo di fermare un viaggio inarrestabile, quello degli uomini verso domani che sia anche solo un poco meglio di ieri. Abbiamo alzato muri, fili spinati, di più, abbiamo costruito barriere invisibili, di carta, come racconta bene Daniela De Robert nel suo ultimo libro “Frontiere nascoste”. Storie che impressionano messe una dopo l’altra, di fossati che respingono anche solo con le parole, quelle sul permesso di soggiorno che aspetti e non sai se arriverà, che magari è già scaduto “come le mozzarelle” quando dopo mesi di attesa te lo consegnano, ormai inutile. Storie che stanno dietro quella paura dell’altro sulla quale ormai combattiamo perenni campagne elettorali e dolorose guerre invincibili. Guerre che si fermano tutti insieme o si perdono da soli, disegnando confini sull’acqua. (pubblicato su DNews)

martedì 12 maggio 2009

Differenze

Ora, francamente, è troppo facile, però, vedere i due clandestini nigeriani che bloccano il pazzo che stava martellando i due pensionati alla stazione di Palermo mentre nessun italiano muoveva un dito; e poi vedere altri italiani che si gettavano urlando contro il medesimo martellatore ma solo quando era al sicuro dentro l'automobile della polizia; beh, è troppo facile parlare di differenze...

domenica 10 maggio 2009

Il cane e la coda


Protestano giustamente sul Corriere perchè il video di benefcenza per l'Abruzzo viene scaricato illegalmente. E per spiegare di che si tratta il Corriere allega il video.

giovedì 7 maggio 2009

La scuola di religione

Tra le storie ascoltate a Farah (si, proprio il posto in Afghanistan dove gli americani hanno fatto strage di civili qualche giorno fa) c'è quella raccontata dal colonnello Gabriele Toscani De Col della Folgore (si, a Farah ci sono i paracadustisti italiani) a proposito della scuola per falegnami, eletricisti e carpentieri realizzata dagli americani in quella zona. Appena costruita per un po' è rimasta vuota (non c'erano tecnici insegnanti nè macchinari) poi i locali hanno pensato bene di trasformarla in una madrassa, una scuola di religione, islamica.

mercoledì 6 maggio 2009

'fanculo a Gordon Lish

Ho avuto tempo di leggere i racconti di Carver nella versione originale, prima che Lish li tagliasse. Uno a uno ho confrontato le due versioni. Nel titolo il mio giudizio. Minimalista. 

Italiani ad Herat


Un ospedale per bambini costruito dagli italiani e una bambina uccisa con una sventagliata di mitragliatrice dagli italiani. Stesso giorno, stessa città. Herat, Afghanistan. Se uno voleva la prova provata della delicata situazione in cui si trova la nostra missione militare in quel paese l'ha avuta domenica scorsa. Atterra una delegazione dl parlamentari, una visita breve per capire quello che di faticoso e buono fanno i nostri soldati in quella regione. Il programma prevede la visita ad un ospedale pediatrico finanziato dall'Italia, li accoglie il generale che dice, purtroppo devo darvi prima una notizia, c'è stato un incidente, una nostra pattuglia ha intimato l'alt ad un'auto sospetta che non si è fermata, hanno sparato, è morta una bambina di 12 anni. Ferito il padre e altre due donne, la macchina sospetta stava andando a un matrimonio. Un errore, un tragico errore. Così succede che i parlamentari vanno all'ospedale a chiedere scusa, rammaricarsi dell'incidente con il sindaco della città che li stava aspettando per ringraziarli della collaborazione. Tutto sembrava un po' surreale. Invece è solo lo specchio di una storia lunga e complicata che ci troveremo davanti ancora per chissà quanto. L'Afghanistan che vogliamo aiutare corre il rischio di essere scambiato per nemico. Perchè il nemico c'è ben inteso, i talebani che soffiano sul fuoco e fanno attentati diventano ogni giorno più spavaldi e allora bisogna difendersi, proteggersi. Così succede che un'automobile che corre sotto la pioggia per andare a fare festa diventa un pericolo e una minaccia. Il resto lo fa la paura, uguale sotto tutte le latitudini. (pubblicato su DNews)

mercoledì 29 aprile 2009

Quell'abbraccio al Papa


Tremo al solo pensiero di come saranno i prossimi giorni dei telegiornali. Pieni di mascherine, maiali e provette. Perché ci sono casi in cui la televisione è formidabile a raccontare, altri nei quali invece le parole, spesso complicate e contraddittorie, si scontrano con immagini che inevitabilmente si ripetono, si confondono provocando un clima di imprecisione e, peggio, di suggestione collettiva che alla fine ingoia tutto, notizie e immaginazione. Se aggiungete poi il tam tam della rete, specialista quando vuole a moltiplicare paure e retropensieri, otterrete quello che ci aspetta da qui a chissà quando.Per questo cambio di scenario, infiliamoci nell’altro grande evento da raccontare, ma solo per ricordarne una, delle immagini del Papa in Abruzzo. È stata quella del sindaco dell’Aquila chiamato sul palco a ringraziare Benedetto XVI. Non sappiamo se sia stata l’emozione o invece spontaneo tratto caratteriale ma quando l’abbiamo visto avvicinarsi, abbracciare il Pontefice e baciarlo come un vecchio amico abbiamo sorriso. E ci sono tornate alla mente tutte le sfumature di inchini e baciamano che abbiamo visto passare nel corso degli anni. Uomini politici che, credenti o no, al massimo inventavano varianti e subordinate al cerimoniale su cui misurare vicinanze e distanze con la Santa Sede. Quell’abbraccio invece, cui il Papa ha risposto, era finalmente un saluto, da uomo a uomo. (pubblicato su DNews)

martedì 28 aprile 2009

Copioni


Ripensandoci non è tanto il fatto che non sapesse chi è Brodolini (ci son cose molto piu' importanti nella vita) quanto la fantasia di chi le ha scritto Brandolini sul copione. Un vero autore.